Stefania Beretta, 1# Self-Portrait London, 2005
IL CORPO SOLITARO. L’autoscattO.
Emanuela Barbi, Stefania Beretta, Isabella Bona, Maria Bruni, Marina Buratti, Maurizio Cesarini, Marco Circhirillo, Antonio D’Agostino, Pier Giorgio De Pinto, Moria De Zen, Francesca Della Toffola, Luigi Di Sarro, Isabella Faldo, Rosalia Filippetti, Giovanni Gaggia, Lucia Gangheri, Debora Garritani, Werther Germondari, Milena Giacomazzi, Tea Giobbio, Libera Mazzoleni, Miss Tumi-Stufi, Maria Mulas, Sabrina Muzi, Simona Palmieri, Monica Palumbo, Virginia Panichi, Elisa Pavan, Sara Pellegrini, Stella Pellegrini, Andreina Polo, Edoardo Romagnoli, Lavinia Stefanini, Alessandra Tescione, Mona Lisa Tina, Marilena Vita, Rita Vitali Rosati, Emiliano Zucchini.
a
cura di Giorgio Bonomi
Vernissage: sabato 3 novembre 2012
alle ore 18.00
Palazzo del Duca, Senigallia
3 – 18 novembre 2012
In
questa mostra, che prende l’idea dal recente libro del curatore Il corpo solitario. L’autoscatto nella
fotografia contemporanea, Editore Rubbettino, si presentano artisti che con
la fotografia hanno messo in pratica le modalità dell’autorappresentazione,
spesso evidenziando una poetica di “solitudine”.
Si
parte dal proprio corpo come elemento primario di sé e, soli con se stessi, si
ricerca una rappresentazione che può essere “reale” o “possibile”, tragicamente
data o felicemente ipotizzata.
Per
“autoscatto” si intendono tutte le forme possibili con cui questo può
realizzarsi: dall’autoscatto vero e proprio (con il temporizzatore, con la
macchina fotografica in mano, con il flessibile, con il telecomando) alla
fotografia realizzata da un assistente il cui compito è meramente esecutivo:
così possiamo usare molte definizioni, per le realizzazioni ottenute con questa
tecnica che è anche una poetica, come “autoritratto”, “percezione di sé”,
“identità”, “allo specchio”, e molte altre, per quel concetto di
“autorappresentazione” che l’artista, da sempre, ha tentato.
La
pratica dell’autoscatto è enormemente diffusa in tutto il mondo, soprattutto
negli ultimi anni, qui si presentano un ristretto, ma significativo gruppo di
artisti, in prevalenza di genere femminile infatti, altra caratteristica del
campo dell’autoscatto è proprio le numerosa presenza femminile europea che, al
di là delle differenze, anche anagrafiche, hanno tutti un notevole curriculum
artistico e professionale di livello internazionale.
Pier Giorgio De Pinto, Episodic Nature of Myself, 2009
È
caratteristica dei nostri tempi l’apparizione di un modo nuovo di riflessione
sulla propria identità, sul proprio corpo, sulla conoscenza di sé. Finito lo
“scandalo”, finita la necessità ontologica di una autodefinizione, l’artista ha
cominciato a indagare su se stesso come oggetto di conoscenza, da un lato, e
come soggetto di narrazione, dall’altro: la metodologia
dell’autorappresentazione è apparsa la più funzionale e la più appropriata per
simili operazioni; la stessa componente narcisistica, certamente presente,
assume un valore diverso se leggiamo il mito greco non come esempio di futile
vanità (Narciso muore affogato o di consunzione, a seconda delle versioni,
perché innamorato di sé) bensì come esemplificazione dell’operazione del
conoscere, cioè il percepire l’altro da sé (ciò che sta davanti al soggetto
conoscente) e comprenderlo (che, etimologicamente, significa “prendere
insieme”, “afferrare”), per cui Narciso muore nel tentativo di “afferrare” la
sua immagine “riflessa” sull’acqua proprio per conoscere se stesso, cioè con
l’“autoriflessione”, e si consideri che possiamo conoscere la parte più
significativa del nostro corpo – il volto – solo con lo specchio, che ci “riflette”:
con il mito di Narciso si evidenzia che il desiderio di conoscere comporta
rischi estremi, fino alla morte, come insegna anche l’altro grande mito sulla
conoscenza, l’Ulisse dantesco.
È
evidente che in questa odierna società, sempre più spersonalizzata e basata
sull’immateriale, il percorso di riappropriazione non può che partire da se
stessi e dal proprio corpo: l’autorappresentazione, quindi, permette di evitare
mediazioni, funziona come “specchio”. Un altro dato interessante consiste nel
fatto che, come si è accennato, tra gli artisti che usano
l’autorappresentazione, sono prevalenti le donne, per spiegare il fenomeno
possiamo ricorrere a tutte le categorie indicanti le caratteristiche femminili:
intimità, riservatezza, immediatezza, pudore, e così via, se non le
interpretiamo in modo mellifluo e se accettiamo la lezione del femminismo più
accreditata che prevede non l’uguaglianza bensì l’esaltazione delle differenze
di genere.
Infine,
ma a rigor di logica sarebbe la prima domanda da cui partire, dobbiamo
chiederci: perché proprio la metodologia dell’autorappresentazione? Riteniamo
che, oltre alle motivazioni sopra esposte, questa forma di
rappresentazione/espressione permetta all’artista di unificare soggetto ed
oggetto senza mediazioni e di usufruire di una completa “solitudine” nell’atto
creativo. Se, infatti, quando l’artista riprende una realtà altra con la camera
fotografica, abbiamo l’ingranaggio di tre elementi – il soggetto che riprende,
la macchina, l’oggetto ripreso – con l’autoscatto il primo e il terzo si
unificano quasi fagocitando, per così dire, il secondo. Tutto ciò permette di
evitare, almeno a livello concettuale e metodologico, ogni interferenza
esterna, positiva o negativa, e l’autore si trova “solitario” e carico di una
responsabilità, etica ed estetica, maggiore e con una dose assai più ampia di
rischio: ma la sfida crediamo, come si può vedere anche in questa mostra, ha
dato risultati assai interessanti.
Giorgio
Bonomi, 2012
THE SOLITARY BODY: SELF-PORTRAITURE.
Emanuela
Barbi, Stefania Beretta, Isabella Bona, Maria Bruni, Marina Buratti, Maurizio
Cesarini, Marco Circhirillo, Antonio D’Agostino, Pier Giorgio De Pinto, Moria
De Zen, Francesca Della Toffola, Luigi Di Sarro, Isabella Faldo, Rosalia
Filippetti, Giovanni Gaggia, Lucia Gangheri, Debora Garritani, Werther
Germondari, Milena Giacomazzi, Tea Giobbio, Libera Mazzoleni, Miss Tumi-Stufi,
Maria Mulas, Sabrina Muzi, Simona Palmieri, Monica Palumbo, Virginia Panichi,
Elisa Pavan, Sara Pellegrini, Stella Pellegrini, Andreina Polo, Edoardo
Romagnoli, Lavinia Stefanini, Alessandra Tescione, Mona Lisa Tina, Marilena
Vita, Rita Vitali Rosati, Emiliano Zucchini.
curated by Giorgio Bonomi
Vernissage:
Saturday 3 November 2012 at 6.00 p.m.
Palazzo del Duca,
Senigallia
3 – 18 November 2012
The exhibition is based on the most recent book by the philosopher
Giorgio Bonomi: Il corpo solitario.
L’autoscatto nella fotografia contemporanea (Solitary Bodies. The Self-Portrait
in Contemporary Photography),
published by Rubbettino. A selection of works by authors cited in the book,
in whose work self-representation is manifest as a significant statement, will
be shown.
Many of those works come under the heading of poetic
loneliness – Solitude.
Stefania Beretta, 1# Self-Portrait London, 2005
The point of departure is the photographer’s own body. Alone, with just
themselves for company, they use the body as the primary element
of artistic discourse for developing representation, which may appear ‘real’ or ‘possible’, may tragically surrender or
be the visualisation of a felicitous hypothesis. The term ‘self-timer’
subsumes all forms of photographic expression leading to self- portraits (timed or untimed exposure,
hand-held or tripod-steadied camera, aided by
Telecommander software, with or without the assistance of another
person): technique fuses with poetry
as self-portraits, perceptions of self, identity or mirror – concepts that are
constants in art. Even though the range of this exhibition encompasses the world,
notably contemporary stances, it concentrates on a small group of
outstanding artists, primarily women art photographers of international renown
since this is where the self-timer-produced picture comes into its own – overriding cultural or biographical
differences. Characteristically, the need for reflection on one’s own identity, body and body
consciousness is currently gaining in significance. Any whiff of ‘scandal’
that might be associated with this need is a thing of the past so an ontology
of auto- definition is unnecessary. On
the contrary, this is research that focuses on the self as partner, as the subject of narration. On the other
hand, the methodology of self-representation has proven its functional worth and is suited to a wide variety of performances.
The narcissistic component, although present, is displaced if we
interpret the Greek myth not as trivial
vanity (Narcissus drowns himself or starves to death, depending on the version used, because
he is in love with himself ) but rather as symbolising a process leading to self-awareness,
i.e. as promoting knowledge that transcends the self, comprehension and
consciousness in a deeper sense.
Narcissus dies in an attempt to grasp or understand. We know the focal point of
our bodies, our faces, only with the
aid of a mirror. Hence the Narcissus myth illustrates the circumstance that the
desire for self-knowledge is linked with dangers so great that they can lead to the seeker’s death, as Dante’s
Odysseus so tellingly shows.
It is quite obvious that in today’s society the recovery of a lost
identity or affirmation of identity must
begin with the self and one’s own body. Eliminating intermediaries,
self-representation functions as a
mirror. It takes into consideration intimacy, reticence, immediacy, modesty,
etc – characteristics that appeal to many artists, both men
and women. Self-representation makes possible the union of object and subject and
concretises it in an intimate dialogue with extrinsic factors excluded. The artists whose works are shown here are
committed to an enhanced level of responsibility, on both the ethical and the aesthetic planes, a
stance at once risky and provocative: meeting this challenge has led to intense and convincing works.
Giorgio
Bonomi,
2012
Giorgio Bonomi è nato a
Roma nel 1946, vive a Perugia. Dopo un periodo di studi e scritti di filosofia
politica, tra cui il libro Partito e rivoluzione in Gramsci, ed. Feltrinelli
1973, la collaborazione a “il Manifesto”, si è dedicato all’arte contemporanea
come critico, curatore di mostre, saggista e fondando e dirigendo la rivista
“Titolo”. Ha diretto il Centro Espositivo della Rocca Paolina di Perugia dal
1994 al 1999. È stato il Direttore della Fondazione Zappettini (Chiavari e
Milano) che si occupa della pittura analitica, e della Biennale di Scultura di Gubbio. Tra le circa
duecento mostre curate in Italia e all’estero, ricordiamo: Plessi; Beuys. Difesa della
Natura; le Biennali di Scultura di Gubbio del 1992, 1994, 2006, 2008; 3 X Monochrom: Fontana, Manzoni, Pinelli; Pittura 70. Pittura pittura e astrazione
analitica. Dirige la Collana Arte contemporanea di Rubbettino Editore,
presso cui ha pubblicato gli ultimi suoi due libri, La disseminazione. Esplosione, frammentazione e dislocazione nell’arte
contemporanea; Il corpo solitario.
L’autoscatto nella fotografia contemporanea.
Giorgio Bonomi was born in Rome in 1946, lives and works in Perugia. After university,
writings in political philosophy,
including Partito e rivoluzione in Gramsci, published by Feltrinelli,
1973, and collaboration with il
Manifesto before devoting himself to contemporary art as a critic, curator, writer
and general editor of the contemporary art periodical Titolo. Director
of the Centro Espositivo della Rocca Paolina in Perugia from 1994
until 1999. Director of the Fondazione Zappettini
(Chiavari and Milan), focusing on analytical painting, and head curator
of the Biennale di Scultura di Gubbio (Gubbio Sculpture Biennale). He has
curated some 200 exhibitions, including: Plessi;
Beuys. Difesa della Natura; the Biennali di Scultura di Gubbio
1992, 1994, 2006, 2008; 3 X Monochrom:
Fontana, Manzoni, Pinelli; Pittura 70. Pittura pittura e astrazione analitica. General editor of Collana Arte contemporanea
at Rubbettino, where his most recent writings have been published: La disseminazione. Esplosione, frammentazione e
dislocazione nell’arte contemporanea;
Il corpo solitario. L’autoscatto nella fotografia contemporanea.