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08 June 2017

VISUAL IMPROMPTUS. WRITING IMAGES. / IMPROVVISAZIONI VISIVE. SCRIVERE LE IMMAGINI. / Anna Choi







VISUAL IMPROMPTUS. WRITING IMAGES.
Anna Choi

Vernissage Saturday 1 July 2017, at 5.30 p.m.

1 July – 3 September 2017


Creating an exhibition about one or more artists, a given period in history or political movement, or even simply a thematic exhibition, signifies – paradoxically – distancing ourselves from the artist and his or her paradigms, stepping back far enough to be able to analyse everything around them, as though history, as it is defined continuously and cyclically, were relevant to contextualising the issue to be tackled by the curators.

ANNA CHOI (1979) is one of those rather particular cases: the issues she explores and the research she conducts and redesigns in the area of painting and painting research have roots that differ from ours. Originally from Korea, the artist studied first in her native land, then at the Chelsea College of Art in London, yet without ever losing touch with her oriental cultural roots and her personal conception of image and representation, in which sculpture sometimes plays a role whose importance is not only visual, but also linguistic and cultural.

The exhibition showcases a cross-section of her works dating from 2010 to the present day, in which the curator seeks to achieve a presentation and an installation that will bring the public closer not only to the works themselves, but also – and primarily – to the dialogue between the visitor and the exhibition space and/or the space of the mind.

VISUAL IMPROMPTUS. WRITING IMAGES intends and seeks to restore the moment of transition between the creative gesture and creation itself.

Mario Casanova, Bellinzona 2017
Translation by Pete Kercher





IMPROVVISAZIONI VISIVE. SCRIVERE LE IMMAGINI.
Anna Choi

Vernissage sabato 1. luglio 2017, alle 17:30

1 luglio – 3 settembre 2017



Creare una mostra su uno o più artisti, su un periodo storico o corrente politica, oppure semplicemente un’esposizione a tema, significa allontanarsi paradossalmente dall’artista e dai suoi paradigmi, prendendone le dovute distanze che ci permettono di analizzare tutto ciò che sta loro attorno, come se la storia in continuo e ciclico definirsi fosse rilevante per contestualizzare il tema che i curatori vanno ad affrontare.

ANNA CHOI (1979) è uno di quei casi ‘particolari’, le tematiche e la ricerca ch’essa sviluppa e ridisegna nell’ambito della pittura e della ricerca pittorica hanno radici diverse dalle nostre. Di origine coreana, l’artista ha studiato dapprima in Corea e in seguito al Chelsea College of Art di Londra, senza mai staccarsi dalla sua radice culturale orientale e dalla sua personale concezione di immagine e rappresentazione, laddove la scrittura assume a tratti una importanza non solo visiva o visuale, ma anche linguistica e culturale.

L’esposizione mostra uno spaccato di opere eseguite dal 2010 ad oggi, cercando il curatore di realizzare una presentazione e una installazione che avvicinino il pubblico non solo all’opera, bensì anche e soprattutto al dialogo tra visitatore e spazio espositivo, e/o spazio mentale.

IMPROVVISAZIONI VISIVE. SCRIVERE LE IMMAGINI intende e cerca di restituire il momento di transizione tra il gesto creativo e la creazione stessa.

Mario Casanova, Bellinzona 2017






MACT/CACT Suisse enjoys the financial and cultural support of Republic and Canton of Ticino/Swisslos, Alfred Richterich Stiftung Kastanienbaum, City of Bellinzona, Berla Collection, Friends and Supporters of MACT/CACT, the Collectors and the Artists.

MACT/CACT Arte Contemporanea Ticino è sostenuto finanziariamente e culturalmente da Repubblica e Cantone del Ticino/Swisslos, Alfred Richterich Stiftung Kastanienbaum, Città di Bellinzona, Collezione Berla, Amici e Sostenitori del MACT/CACT, i Collezionisti e gli Artisti.






23 April 2017

EVOLUZIONE DI UN PROGETTO DI COSTRUZIONE / EVOLUTION OF A CONSTRUCTION PROJECT / Pier Giorgio De Pinto / Spazio 5B







EVOLUZIONE DI UN PROGETTO DI COSTRUZIONE / EVOLUTION OF A CONSTRUCTION PROJECT
Mostra personale di Pier Giorgio De Pinto

Spazio 5b, Collezione Luca Berla, Bellinzona, Ticino.

29 aprile – 1 luglio 2017

La geometria che uso ampiamente nel mio lavoro trova le sue radici nello studio della natura, così come i principi matematici che la compongono. Molte forme osservate in natura possono essere correlate alla geometria; ad esempio le api costruiscono in forma esagonale le cellule che contengono il loro miele. Nel mio lavoro c'è soprattutto uno studio sulla geometria tradizionale "sacra" che si riferisce ai cinque solidi platonici e allo studio della “Divina Proportione” tanto cara al matematico Luca Pacioli e a Leonardo da Vinci. I cinque solidi platonici sono da sempre correlati in questo ordine: il cubo alla terra, il tetraedro al fuoco, l’ottaedro all’aria, l’icosaedro all'acqua, e il dodecaedro all'universo o "prana/etere".

Platone scrisse che, "La terra vista dall'alto, assomiglia ad una palla contenuta in dodici pezzi di pelle cuciti tra di loro”, con questa osservazione si iniziò a considerare il dodecaedro come simbolo di Gaia, il pianeta vivente “Terra”. Trovo interessante questa connessione tra scienza/ambiente/natura e filosofia che ha generato uno dei miei più importanti progetti chiamato “Future is now”; progetto ancora in evoluzione che, con la mostra presso lo Spazio 5b, si arricchisce di tutta una serie di nuovi lavori presentati al pubblico per la prima volta.

Con “Future is now”, sono partito dallo studi sulle migliaia di diverse sfaccettature del corpo, focalizzandomi su un tema antico quanto l'uomo stesso, tema che è nato con l'uomo come espressione ma anche limite della sua identità storica (la Terra è piatta o sferica? Siamo soli nell’Universo? C’è un ordine superiore che ci guida e che ci ha creati? etc…). Un Genius Loci (spirito del luogo), inteso come confronto territoriale per una definizione geografica/geometrica, partendo dal corpo come territorio in termini di proporzioni "divine". Questo aspetto parte quindi dal corpo ma include un viaggio verso il nostro ambiente, si espande in una visione verso il nostro intero pianeta, il cui percorso può essere tracciato a partire dalla superficie del corpo, sviluppandolo, successivamente, in termini di caratteristiche esoteriche contemporanee, e il loro rapporto con le forme archetipiche del passato.

Con le mie ricerche invito l'uomo a guardare verso la Natura come situazione primordiale ma coniugando questa visione all’uso della tecnologia. Realizzo progetti sul rapporto speciale tra Terra, Scienze, Spiritualità, Geometria e Geografia, attraversando diverse discipline artistiche. Ogni opera è solitamente costituita da un'installazione trans mediale; ovvero con l’uso di video, immagini digitali, installazioni interattive, performance, teatro sperimentale, danza contemporanea. Per fare questo beneficio dello sviluppo di molti software per la creazione di oggetti 3D e animazioni computerizzate, per la Realtà aumentata, la Realtà Virtuale, i codici QR e altre tecnologie.  La tecnologia in se stessa se raccontata tale e quale finisce per annoiare e lo stupore che crea è momentaneo ed esauribile nel giro di pochi secondi. Per questo motivo sviluppo i miei temi sempre coniugando tradizione e tecnologia quindi da un punto di vista storico e al contempo analitico; il risultato è un’analisi in bilico tra pragmatismo e visione, razionalità ed emozione. Suscito nel fruitore delle mie opere una reazione di pensiero e di azione e non solo un approccio passivo.

Gran parte del mio lavoro si basa su foto o video la cui fruizione “digitale” rimuove il senso di profondità di campo, per questo aggiungo loro una nuova dimensione tridimensionale grazie alla manipolazione digitale. I risultati non sono solo parte di una percezione, ma anche una documentazione delle informazioni che raccolgo sul nostro ambiente circostante. La fotografia e il video, non sono quindi parte di una percezione ma parte integrante delle informazioni. In questo contesto, trasformo le strutture architettoniche dell'ambiente umano, costituito da fattori fisici, in un mondo interattivo, non semplicemente virtuale, che ci permette di giocare con la prospettiva di cosa è oggi “essere umano” e “natura”. Non amo molto il concetto di virtuale come contrapposizione al reale. Diciamo piuttosto che il mio lavoro genera (e vive) una seconda Natura. “Die zweite Natur” è tra l’altro il titolo della mostra a cui ho partecipato poco tempo fa presso la Hek Haus der elektronischen Künste di Basilea.

Vivo nell’incantato Ticino. Incantato nel senso specifico di pieno di meraviglie e di magiche energie. Mi sono trasferito in Svizzera nel 2010 per vivere esattamente dove sentivo questa particolare energia del territorio. In Ticino vi è, sicuramente, un Genius Loci speciale ed espanso. Un esempio per tutti il Monte Verità, dove chiunque può scoprire luoghi che emettono alte energie, come sorgenti benefiche, rocce magiche, alberi e boschi sacri, colline e punti panoramici, valli e antichi luoghi di culto.

Attraverso il mio lavoro desidero dare, a chi lo osserva o lo porta a sé, la possibilità di sperimentare la storia e l'atmosfera magica dei luoghi da me visitati in vari territori del mondo. Faccio questo attraverso ricerche sulla mitologia, sui racconti popolari, sulle architetture di paesaggi, ambienti urbanizzati, luoghi di culto e luoghi sacri. Durante i miei soggiorni conduco ricerche su come agisce la Natura sull’uomo, quale agente di trasformazione e di ciclicità costante.

Lavoro su quei concetti di tempo e di spazio che ormai non sono necessariamente riconducibili ad un reale andare 'da qualche parte' o ad un comunicare con 'qualcuno'.
Il mondo virtuale in cui le persone si connettono tra loro, tramite processori digitali attraverso l’uso quotidiano del ‘social networking’, ha creato infatti un vuoto, un altro tempo e spazio, una distanza dalla realtà "tangibile”. Per assurdo siamo circondati da schermi tattili ma non tocchiamo direttamente più nessuno e nulla.

La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
Galileo Galilei (1564 –1642), dal trattato “Il Saggiatore”, 1623.

Pier Giorgio De Pinto, Bellinzona, aprile 2017

Bio/CV
Pier Giorgio De Pinto, Civitavecchia, Roma, 1968
Dopo una formazione professionale ed artistica in Toscana, a Prato ed a Firenze, coltivando interessi e studi nell’ambito della pittura, del disegno, della grafica e della fotografia, ha frequentato la Scuola di Teatro e di Cinema, con corsi dizione e doppiaggio, ed ha partecipato a workshop internazionali di danza contemporanea e performance. Dal 2010 trasferisce il suo studio a Bellinzona, in Svizzera, dove lavora come coordinatore e curatore di eventi al MACT/CACT Arte Contemporanea Ticino.

De Pinto ha esposto in numerose istituzioni, musei e centri d’arte, come la Tate Britain e Whitechapel Gallery di Londra, Pesti Vigadó Palace in Budapest, Palazzo Medici Riccardi a Firenze, Palazzo Ducale di Genova, Via Farini/DOCVA a Milano, Pinault Foundation a Punta della Dogana e Palazzo Grassi a Venezia, MACT/CACT Arte contemporanea Ticino e Museo Civico Villa dei Cedri in Bellinzona e i2a Istituto Internazionale di Architettura in Lugano, Haus der elektronischen Künste e Fondation Beyeler a Basilea, Le Manoir a Martigny e Cabaret Voltaire di Zurigo. Ha inoltre esposto alla 7° Biennale di Berlino ed è stato tra gli artisti selezionati per Manifesta 11 e recentemente per la Regionale 17 a Basilea.
Le sue opere si trovano in fondazioni internazionali, istituzioni e collezioni private.

Sito ufficiale
www.depinto.it

Progetto Future is now
http://goo.gl/7U7gVQ

mail

pgdepinto@gmail.com

14 November 2016

COME CLOSER: EXPERIMENTING WITH A WUNDERKAMMER OF VANITIES / 29 October 2016 - 12 February 2017



English





COME CLOSER: EXPERIMENTING WITH A WUNDERKAMMER OF VANITIES.

Dante Alighieri, Anonymous 1400-1900, Katia Bassanini, Fiorenza Bassetti, Hicham Benohoud, Samuel Blaser, Jean Corty, Tamir David, Pier Giorgio De Pinto, Martin Disler, Ignaz Epper, Ivana Falconi, Uri Gershuni, Ingo Giezendanner, Francesca Guffanti, Edmond Habetian, Alex Hanimann, Juha Arvid Helminen, Lior Herchkovitz, Käthe Kollwitz, Andrea La Rocca, Ivan Lupi, Erik Mittasch, Alina Mnatsakanian, Zoran Mušič, Meret Oppenheim, Gianluca Panareo, Simone Pellegrini, Apollonio Pessina, Marko Popadić, Yuval Shaul, Valter Luca Signorile, Josette Taramarcaz, Babis Venetopoulos, Mark Yashaev

Opening on Saturday 29 October 2016 at 5.30 p.m.

29 October 2016 — 12 February 2017
Fri-Sat-Sun from 2.00 to 6.00 p.m.

The galleries remain closed from 23 December 2016 throughout 5 January 2017.


COME CLOSER: EXPERIMENTING WITH A WUNDERKAMMER OF VANITIES is the last exhibition of the year, paving the way for the MACT/CACT to move forward into 2017. And it does so by tackling a burning issue; one that is important, cumbersome and always contemporary, reminding us that nothing is objectively as given, yet subjectively as fragile, as the world of vanities and the cosmos of vain things. Starting from man himself.
This is an exhibition whose thematic approach and the analytical aspects of the image or representation in a setting that is not exclusively artistic forge the anticipatory link, in a sort of domino effect, with next exhibition to follow, which is due to be hosted in Villa dei Cedri and at the MACT/CACT in 2017, focusing on the issue of the relationship between art and insanity.
This exhibition derives originally from an idea conceived by Edmond Habetian and Alina Mnatsakanian, and is curated by Mario Casanova. The project was fleshed out in 2015 at the Yerevan Museum of Art, also including artists with Armenian roots. The project then moved to the Manoir de la Ville de Martigny, before eventually arriving at the MACT/CACT one year later, completely reinterpreted and thematically reorganised.
In a post-revolutionary democratic society, where our duties ought to be as relevant as the rights to which we lay claim, it is inconceivable to continue discussing socio-cultural minorities or majorities without a full realisation that it is time to replace the society of Utopias, which has now reached the end of its modern relevance, with a policy of farsightedness.
To talk about Armenia is like talking again about how Turkey weighs down heavily on the Armenian or the Kurdish people, about the rise of anti-Semitism in Europe, about the precarious condition of women or gays in Arab countries (and others), or about other forms of minorities who run the daily risk of the abuse of power.

But what is a minority, if it is not a pretext for obliging an isolated extra-ordinary voice to bend to the will of the political consensus?

Vain is the man who insists on wanting to bend that which might break, who is all summed up in the little world of vain things, imprisoned in his foolish illusion that he can change the world, in the fallacy that he can make it better.
The history of the twentieth century, or the short century, where for better or worse we find anticipations of today’s legitimate doubts about the democratic model, provides ample demonstration. It was a century of great Utopias, as well as a century of social disasters, since it was the century when man lost his central role as a person, becoming a political tool and a pawn of the system and of the system’s inner workings: it is here that we find the fundamental principle of the control of diversity that has permeated the bourgeois democratic regime in general.

COME CLOSER is a platform, not an exhibition in the conventional sense of the term: it is a Wunderkammer, a Cabinet of Curiosities, where there is room for art and objects, books and photographs. The aim is to reconstruct a symbiosis of the curator’s inner world, rather than to offer the public an ‘exhibition’ in the conceptual sense of the term. A Wunderkammer is an installation that sets out to use a defined space to regroup a series of artefacts that refer to a story as it is conceived by the curator. To a certain extent, it constitutes the primeval phase of the modern museum, which was set on the road towards its official establishment by the publication of such collections or objects of pure art or of applied art compiled by private individuals.
The symbolic introduction to this exhibition is ideally the Paradise from the Divine Comedy written by Dante Alighieri between 1304 and 1321, on show here in an edition dating from 1765. It is actually doubly symbolic, because Dante was a past master at using the written word to illustrate a cross-section through life in his day; a sort of metaphor, in actual fact, of the time scales of human existence.

Our society is gradually (and not without pain) moving away from what we might call the revolutionary society, whose heritage is ultimately a charter made up of a babel of claims that we are no longer capable of matching with a plausible, comprehensible response.

The relationship between rights and the perception of duties has gone out of phase, to some extent setting the seal on the end of the society of Utopias. COME CLOSER sets out to make a timid, sottovoce approach, through an external, distanced view, to elements of a collective historical awareness, without the curator’s approach assuming any responsibility for providing potential answers.

The set-up and presentation distance themselves from the concept of contemporaneity, in the aesthetic sense of the term. The aim of the exhibition is not, in fact, to be ‘up-to-date’ or ‘in vogue’, but universal in its total approach to how to represent an historical and historiographic conception, if there is any such thing within this exhibition.
All means of production are featured: drawing, painting, video, performance, photography, applied art and other more literary forms.

Mario Casanova, 2016
Translation Pete Kercher 



MACT/CACT Suisse enjoys the financial and cultural support of Republic and Canton of Ticino/Swisslos, Alfred Richterich Stiftung Kastanienbaum, City of Bellinzona, Friends of MACT/CACT, the Collectors and the Artists.

Special thanks are due to Mario Matasci of the Matasci Art Collection.





Italian

COME CLOSER. IPOTESI PER UNA WUNDERKAMMER DELLE VANITÀ.

Dante Alighieri, Anonimo 1400-1900, Katia Bassanini, Fiorenza Bassetti, Hicham Benohoud, Samuel Blaser, Jean Corty, Tamir David, Pier Giorgio De Pinto, Martin Disler, Ignaz Epper, Ivana Falconi, Uri Gershuni, Ingo Giezendanner, Francesca Guffanti, Edmond Habetian, Alex Hanimann, Juha Arvid Helminen, Lior Herchkovitz, Käthe Kollwitz, Andrea La Rocca, Ivan Lupi, Erik Mittasch, Alina Mnatsakanian, Zoran Mušič, Meret Oppenheim, Gianluca Panareo, Simone Pellegrini, Apollonio Pessina, Marko Popadić, Yuval Shaul, Valter Luca Signorile, Josette Taramarcaz, Babis Venetopoulos, Mark Yashaev

Vernissage sabato 29 ottobre 2016 dalle 17:30

29 ottobre 2016 — 12 febbraio 2017
Ve-sa-do dalle 14:00 alle 18:00

Il Centro rimane chiuso dal 23 dicembre 2016 fino al 5 gennaio 2017.


COME CLOSER. IPOTESI PER UNA WUNDERKAMMER DELLA VANITÀ è l’ultima mostra dell’anno che trascina il MACT/CACT nel 2017. Lo fa con un tema scottante, importante e ingombrante; e sempre contemporaneo, a indicarci quanto nulla è oggettivamente dato, ma soggettivamente fragile come il mondo della vanità e l’universo delle cose vane. A cominciare dall’uomo.
Una mostra, che – per approccio tematico e agli aspetti analitici dell’immagine o della rappresentazione in ambito non esclusivamente artistico – si collega e anticipa per effetto domino la successiva esposizione, che avrà luogo a Villa dei Cedri e al MACT/CACT nel 2017 attorno al tema del rapporto tra arte e follia.
L’esposizione nasce originariamente da una idea di Edmond Habetian e Alina Mnatsakanian, ed è curata da Mario Casanova. Il progetto prende corpo nel 2015 al Museo d’Arte di Erevan, comprendendo anche artisti di origine armena. Lo stesso progetto passa in seguito al Manoir de la Ville de Martigny per approdare, infine completamente reinterpretato e riordinato tematicamente al MACT/CACT un anno dopo.

Non è più concepibile, in una società democratica post-rivoluzionaria, dove i doveri dovrebbero essere rilevanti quanto la rivendicazione dei diritti, argomentare di minoranze o maggioranze socio-culturali senza fare propria la consapevolezza che la società delle utopie, alla fine del suo percorso moderno, andrebbe sostituita ormai con la politica della lungimiranza.
Parlare di Armenia è come parlare ancora del peso della Turchia sul popolo armeno o curdo, del crescente antisemitismo in Europa, della condizione precaria della donna o dei gay nei paesi arabi e non solo, o di altre forme di minoranze a rischio di prevaricazione.

Ma cos’è una minoranza, se non il pretesto per piegare la voce isolata ed extra-ordinaria da parte della politica del consenso?
Vanitoso è l’uomo che persevera nel voler piegare ciò che si potrebbe spezzare, che si riassume nel piccolo mondo delle cose vane, imprigionato nella sua sciocca illusione di cambiare il mondo, nell’inganno di renderlo migliore.
La Storia del XX secolo o secolo breve, ove si anticipano – nel bene e nel male – i legittimi dubbi attorno al modello democratico, lo dimostra ampiamente; un secolo di grandi utopie, così come di disastri sociali, poiché l’uomo perde la sua centralità di persona, per divenire uno strumento politico e una pedina del sistema e dell’ingranaggio sistematico, e laddove si ribadisce il principio fondamentale del controllo delle diversità, che ha permeato il regime democratico-borghese in generale.

COME CLOSER è una piattaforma, non una mostra nel senso classico del termine, una Wunderkammer o un Gabinetto delle curiosità, ove ritrovano posto arte e oggetti, libri e fotografie, a ricostruire in maniera simbiotica il mondo interiore del curatore, anziché restituire al pubblico una ‘mostra’ nell’accezione concettuale del termine. La Wunderkammer è una installazione che intende raggruppare in uno spazio definito una serie di reperti che rimandano a una storia così come la concepisce il curatore. Essa costituisce in qualche modo lo stato primario del moderno museo, avviato verso la sua nascita ufficiale proprio a partire dalla pubblicazione dalle raccolte di collezionisti privati di oggetti d’arte pura o d’arte applicata.
L’incipit simbolico della mostra è per eccellenza il Paradiso della Divina Commedia scritta da Dante Alighieri tra il 1304 e il 1321 in una edizione del 1765. Doppiamente simbolico, poiché proprio Dante fu magistrale nell’illustrare con la parola scritta uno spaccato della vita dell’epoca; una sorta di metafora, appunto, della temporalità dell’esistenza umana.

La nostra società si sta lentamente (e non senza dolori) allontanando da ciò che definiremmo la società rivoluzionaria, la cui eredità è fondamentalmente costituita da una Charta babelica di rivendicazioni, cui non siamo più in grado di dare una risposta plausibile e comprensibile.

Il rapporto tra diritto e consapevolezza del dovere si sono sfasati e decretano in qualche maniera la fine della società delle utopie. COME CLOSER intende accostare timidamente, e attraverso una visione esterna e allontanata, elementi di una coscienza storica collettiva, senza che l’approccio curatoriale si faccia carico di fornire possibili risposte.

Allestimento e presentazione si stagliano dal concetto di contemporaneità, dal punto di vista estetico del termine. Lo scopo della mostra non è, infatti, quello di essere ‘attuale’ o ‘alla moda’, bensì universale nel suo approccio totale alla rappresentazione di una concezione storica e storiografica, se mai ve ne sia una all’interno di questa esposizione.
Tutti i mezzi di produzione sono contemplati; disegno, pittura, video, performance, fotografia, arte applicata e altre forme più letterarie.

Mario Casanova, 2016 



MACT/CACT Arte Contemporanea Ticino è sostenuto finanziariamente e culturalmente da Repubblica e Cantone del Ticino/Swisslos, Alfred Richterich Stiftung Kastanienbaum, Città di Bellinzona, Amici del MACT/CACT, i collezionisti e gli Artisti.

Un particolare ringraziamento va a Mario Matasci della Collezione d’Arte Matasci Svizzera.





PHOTO DOCUMENTATION of the Opening (ph. Pier Giorgio De Pinto © PRO LITTERIS Zürich.)