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17 November 2011

Zygmunt Bauman all'Università Svizzera Italiana di Lugano.

Incontro con Zygmunt Bauman: 

"la modernità tra interregno e incertezza"




Un estratto audio dell'intervento del Prof. Bauman
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Il testo di Giovanni Zavaritt sul Corriere del Ticino del 17 novembre 2011
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15 October 2011

INTERVISTA di Paolo Carta a Mario Casanova per Poxart

Paolo Carta: Ciao Mario, grazie per aver accettato la nostra intervista.
Sei il direttore del CACT - centro arte contemporanea ticino, che si trova a Bellinzona in Svizzera. Da cosa nasce la tua attuale professione, qual’è stato il tuo percorso?

Mario Casanova:
Innanzitutto sono io a ringraziare Poxart per avermi invitato a rispondere ad alcune domande sul tema dell’arte.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la mia formazione non è stata per niente legata alla storia o alla critica d’arte e/o nemmeno all’esperienza in gallerie.
La mia formazione è musicale. Ho studiato pianoforte a Londra e un poco a Parigi, anche se l’interesse e l’amore per l’arte visiva erano già conclamati sin da giovinetto. Parallelamente ai miei studi, realizzavo dipinti e oggetti di arte visiva, che ho esposto in gallerie e musei. Ciò avveniva negli anni Ottanta.
Nel 1994 ho fondato il CACT con una mostra dedicata all’artista Martin Disler; sia negli spazi del CACT che nel castello di Bellinzona, Castelgrande, chiudendo così il ciclo di mostre a lui dedicate prima alla Whitechapel, Lenbachhaus München e alla Kunsthalle Basel. Un inizio che mi ha messo davanti agli occhi la forza dell’arte.
L’incontro con Martin Disler, venuto a mancare nel 1996, ha segnato indelebilmente il mio percorso professionale ed è, ancor oggi, una figura chiave per capirmi.
Dal 2000 ho ricoperto cariche pubbliche, che ho dismesso definitivamente nel 2008, rimettendo completamente in gioco la figura e le responsabilità del curatore, del concetto di avanguardia e della famigerata politica culturale.


 Mario Casanova negli studi della RadioTelevisione Svizzera Italiana, 2008

P.C.: Potresti descrivere il CACT ai lettori di Poxart.it dando una visione generale anche delle attività e delle scelte attuali?
M.C.:
In questi 17 anni di attività, il CACT sotto un’unica direzione, ha dovuto necessariamente fare un lavoro di riattualizzazione continua per cercare di restituire al suo pubblico un’immagine fedele del mondo che cambia. All’inizio delle nostre attività, ho intercalato molto la presenza di artisti importanti con l’ultimissima generazione, cercando di coprire così alcune falle che la museologia svizzero-italiana non aveva mai colmato.
Dai primi anni 2000 ho affrontato un discorso diverso per quanto attiene alla ricerca attorno alle ultime generazioni. La totale consapevolezza che le ideologie e le avanguardie siano ormai completamente sparite (così come gran parte di esse si siano rivelate totalmente inutili ai fini di una lettura imparziale dell’arte), l’approccio alla creatività artistica è pure cambiato. Ho cercato io stesso di rimettere fortemente in dubbio l’efficacia di un modello istituzionale borghese, fondato sul concetto di mercato dell’arte (e di cui molto musei sono ancora vittime), e che ha in gran parte inibito l’avvicinamento critico all’arte e alla cultura.

P.C.: Tempo fa, in una discussione via Facebook, hai espresso il desiderio di modificare il CACT; c’è qualcosa che non ti piace? Cosa vorresti fare, un cambiamento radicale o implementare l’attuale situazione?
M.C.:
Sfiori un tema, che ho ridiscusso con il nostro coordinatore, l’artista Pier Giorgio De Pinto, e con Massimo Vitangeli dell’Accademia di Urbino, poco prima che iniziassi a rispondere alle tue domande. Sì, in effetti, sono in atto dei cambiamenti abbastanza importanti, nella misura in cui non è forse più possibile concepire un museo, il cui spazio per il pubblico è destinato unicamente a mostre d’arte. Vorrei per il 2012 che lo spazio a disposizione divenga più flessibile, senza ruoli precedentemente definiti… che lo spazio assuma identità diverse per produzioni diversificate. L’idea di poter rendere pubblica una parte privata, come la possibilità – per esempio – di ospitare un artista con il suo ufficio o per un workshop, così come invitare il visitatore a vedere ciò che succede realmente dietro le quinte di un’istituzione (l’ufficio reso pubblico), mi avvicina all’idea di casa o istituzione privata che apre le sue porte con la voglia di ospitare e discutere con il suo pubblico. Dare anche all’artista esposto e al suo lavoro quella dimensione più umana, cosa abbastanza rare oggi presso le istituzioni pubbliche.
Già a partire da quest’anno, Pier Giorgio De Pinto ha cercato di dare corpo a queste modalità di ambientazione. Gli eventi/incontri ch’egli organizza con relatori o per video screening di giovani artisti tendono proprio a togliere quella separazione che solitamente c’è tra il museo pubblico e i suoi avventori. Essendo il CACT uno spazio privato e non pubblico, una delle priorità, credo, sia proprio questa. Parlare di ‘salotto’ è forse esagerato, ma lo spirito potrebbe essere questo e giusto.
Un cambiamento radicale non è possibile, poiché bisogna dare comunque continuità a determinati artisti che stiamo seguendo. Poi c’è l’aspetto del MACT Museo d’Arte Contemporanea Ticino, la cui raccolta verrà circuitata entro determinate mostre, a indicare i gusti di un determinato collezionista. Il collezionismo e la collezione privata rimane uno dei punti forti del mondo dell’arte, che – tra l’altro – si sta valorizzando molto a fronte di una forte caduta delle istituzioni pubbliche.


P.C.: La giovane arte è il futuro di ogni cultura e da Direttore-Talent Scout quale sei, hai sempre dato spazio ai giovani artisti. Posso ricordare l’ultima collettiva, “Campus” in cui espone tra gli artisti anche Chiara Seghene, artista di Santa Teresa di Gallura, prima studente dell’Accademia di Belle Arti di Sassari e poi di quella Urbinate. Come si pone il CACT verso i giovani artisti? Devi mediare spesso o hai sempre avuto carta bianca?
M.C.:
Come hai ben detto, il compito di un curatore è anche quello di scoprire e anticipare il futuro. Da anni mi occupo di arte nel senso della creazione di un corridoio tra ciò di cui abbiamo conoscenza e le nuove ricerche. È inutile ricordarti alcune mie scoperte che sono sembrati in determinati momenti segno di lungimiranza…
Fai bene a citare CAMPUS, attualmente in corso al CACT, poiché questa mostra va oltre il concetto di esposizione di arte giovane, ma si iscrive in un progetto molto più ampio; cioè la collaborazione in forma di partenariato con l’Accademia di Urbino nella persona di Massimo Vitangeli, professore a Urbino e Macerata. La mostra è uno degli aspetti di questa collaborazione, che ha lo scopo di creare – in generale – legami e un ponte tra la realtà accademica e la pratica dell’arte. La fase curatoriale mette anche i giovani artisti a confronto con un mondo, che non sempre è percepibile quando si studia o si è entro l’istituzione. Il Professor Vitangeli, che non è un semplice insegnante e basta, ha colto questa sottile e sostanziale differenza tra due universi che dovrebbero porsi in continuo contatto, ma anche in antitesi equidistante. Così come pure l’identità del museo non può più ridursi alla conservazione ed esposizione di opere d’arte, consapevoli come lo siamo, che la fruizione si fa ad altri livelli e con modalità diverse. Da un recente studio che il CACT ha fatto per il portale kunst-vermittlung.ch, ci siamo accorti che le informazioni circa le mostre, gli artisti e/o le nostre attività in generale vengono filtrate inizialmente da un’utenza fondamentalmente telematica. Se il nostro sito soltanto viene visitato nei mesi di punta da oltre 40'000 persone ogni mese, ecco che anche conferenze o incontri vanno proposti anche in formati telematici, così come le mostre andrebbero puntualmente corredate da video-interviste etc. Penso al progetto streaming TV, ai blog etc. Ecco che la presentazione di un giovane artista si potenzia e si moltiplica con diversi mezzi di comunicazione. Il progetto CACTyou! si sta occupando proprio di mediazione culturale con lo scopo di meglio capire il rapporto offerta-fruizione.
Della mostra CAMPUS uscirà tra poco un interessante documento filmico con interventi miei e di Massimo Vitangeli.
Per quanto riguarda l’ultima parte della tua domanda, non ho mai dovuto mediare. Mi sono sempre imposto ‘carte blanche’…

P.C.: Da che ti conosco hai sempre espresso un parere positivo e interessato verso gli spazi autonomi, definendoli anche come il futuro dell’arte. Quale pensi sia e come credi si debba sviluppare il contributo di questi spazi verso l’arte e la società che li “contiene”? La ricerca è più attiva in questi spazi?
M.C.:
Credo che negli ultimi anni abbiamo assistito alla goffa caduta della politica culturale internazionale, volta ad aziendalizzare e a istituzionalizzare il museo, creando consigli di fondazione in realtà pensati come fossero di amministrazione. Politici, banchieri, direttori di ditte farmaceutiche ne fanno parte; gli esperti d’arte sempre meno. E sappiamo anche che laddove la politica mette il naso in ambito culturale, solitamente globalizza la cultura stessa. Il museo fa lo stesso discorso, presentando una programmazione che strizza l’occhio al mercato, allorquando l’istituto d’arte è per definizione luogo di dialettica, ricerca e scoperta delle nuove tendenze. Il problema accademico-scientifico si muove nella geografia della sclerotizzazione dell’arte, tentando di razionalizzare qualcosa che razionale non è.
Da qualche anno, tuttavia, assistiamo a un fenomeno abbastanza incoraggiante, che si contrappone alla museificazione per una museologia privata. Esso prevede nuove ed entusiasmanti correnti di pensiero e dialettica tra i linguaggi artistici. Sono da poco rientrato da Berlino, dove ho avuto modo di constatare direttamente quanto i collezionisti privati abbiano voglia di crea il loro proprio luogo d’arte, ribadendo il loro proprio gusto estetico e dando indicazioni su cambiamenti epocali in corso. Ciò avviene un po’ dappertutto in Europa con effetti e approcci all’arte diversi e non indirizzati esclusivamente al mercato.
Da questa reale constatazione si rafforza l’interesse per le piccole realtà, dai musei di dimensioni ridotte, ma che si concentrano meglio sulla ricerca, ai centri autonomi (vero humus per una vigorosa creatività giovanile). Insomma, per risponderti senza mezzi termini, la ricerca in queste realtà è senz’altro più attiva, poiché quasi sempre costituite da team di lavoro composti da giovani storici e curatori e artisti che non sentono il dovere di essere ‘impiegati’ statali. Raramente gli esperti dell’arte sono più stupidi del politico o della persona di potere che pretenderebbe gestirli.
Del resto, quando ero presidente della Commissione artistica dell’Istituto svizzero di Roma, si pensava apertamente che senza banche, multinazionali etc. l’arte sarebbe scomparsa. La crisi finanziaria del 2008 e l’andamento dei mercati non ha certamente messo in pericolo la cultura, bensì posto in discussione la cultura dell’ignoranza e la logica di potere e del profitto in ambito artistico.

P.C.: La Sardegna, nonostante la voglia, la passione e la professionalità di buona parte del panorama artistico, non riesce a decollare e a creare un circuito tale che riesca ad esportare la propria arte senza farla implodere. Da esterno, cosa pensi che manchi alla Sardegna, intesa sia per il privato che per il pubblico? Quali gli investimenti da fare e gli obiettivi da raggiungere?
M.C.:
In fondo anche tu stai parlando di politica culturale. Una regione, come tu la definisci, periferica dovrebbe porsi in mezzo al flusso dinamico di oggi. Sembra sciocco ciò che sto per dirti, ma ho trovato molto interessante scoprire che nella collezione del MAN c’è un artista sardo, Dino Fantini, che da bambino ho visto tra le opere di famiglia. È quasi paradossale dirlo, ma portare nei musei decentrati ciò che potresti vedere a New York, Parigi o Londra con la pretesa di internazionalizzare, isola ancora di più la produzione di una regione; annientando il regionalismo si favorisce l’arte di mercato e di regime. Questo è il grande errore degli anni ’80, questo è il grande errore della globalizzazione e industrializzazione della cultura e delle arti degli ultimi 20-30 anni. Che senso ha avuto costruire il Guggenheim di Bilbao, città visitata per il museo di Frank O’ Gehry? A lungo andare nessuno… non aggiunge un valore a ciò che già conosciamo e seppellisce quanto di autentico esiste.
Parlare di investimenti equivale a discutere di cultura e non di vetrina dell’arte. Anche in questo caso il collezionismo è vitale, così come l’impegno degli artisti a tessere legami tra le istituzioni. In questo senso, il progetto pilota cui stiamo dando corpo con l’Accademia di Urbino è importante; esso rimette in contatto tutti gli operatori del sistema dell’arte. Questa intervista ne è un tassello.

P.C.: Da Direttore di Museo quale sei tu, come vedi l’unica vera realtà museale in Sardegna, il MAN di Nuoro diretto da Cristiana Collu? Secondo te, negli anni e con i finanziamenti che sono diminuiti, avrebbe potuto fare scelte diverse?
M.C.: Molto spesso di un museo – proprio per la logica della sopravvivenza dalle iene della politica – un direttore deve fare compromessi, cosa che non avviene negli spazi indipendenti, centri autonomi o musei privati. Ho poc’anzi dato delle informazioni circa la mia esperienza, in passato, all’interno di un consiglio di fondazione, laddove la politica culturale era politica e basta.
Il MAN di Nuoro è senza dubbio un contatto importante nel panorama sardo, e sarebbe un peccato se non ci fosse, poiché sarebbe triste non poter essere qui a parlarne, considerato che, come tu dici, questa è comunque l’unica realtà al nord della Sardegna.
Un problema che vedo spesso un po’ dappertutto – anche qui in Ticino – è la mancanza di considerazione di spazi alternativi indispensabili per la sperimentazione dell’arte, un luogo dove l’attuazione di visioni è terreno fertile per le generazioni a venire… quasi sempre realtà volute dagli artisti e potenziatesi con il tempo e la durata.
Per rimanere in Italia, abbiamo visto come importanti realtà parallele e alternative al panorama museale sono andate perse; penso alle Papesse a Siena, a Villa Manin, alla Galleria Civica di Trento diretta da Fabio Cavallucci e tante altre che dimentico di citare.
Il partenariato che il CACT sta siglando con l’Accademia di Urbino ha appunto lo scopo di saldare maggiormente i legami tra la scena emergente e l’istituzione che dovrebbe fare da cassa di risonanza alle nuove realtà nascenti. La Svizzera ha da anni adottato la politica della creazione della Kunsthalle, vero e proprio luogo cuscinetto di produzione diretto dell’arte giovane.

di Paolo Carta
(Intervista pubblicata per gentile concessione di Poxart.it e dell'autore)

06 September 2011

Conversazioni #1 - Discussioni intorno all'arte contemporanea


Sorry, English text not available

Conversazioni #1
Mario Casanova
direttore del CACT
Centro Arte Contemporanea Ticino, Svizzera
Anna Mazzucco
Giornalista e Curatore
Jacopo Pannocchia
artista
Massimo Vitangeli
artista e professore del
Dipartimento Arti Visive - Scuola di Decorazione - Accademia di Belle Arti di Urbino, Italia.
________________

Discussioni intorno all'arte contemporanea
in occasione della visita presso il CACT
per
CAMPUS. LA SCENA ARTISTICA
EMERGENTE ITALIANA.

Federica Bocchi
Kane Caddoo
Jacopo Pannocchia
Chiara Seghene
Stefano Teodori

13 Agosto 2011 - 18 Settembre 2011
________________

Si ringraziano per la cortese partecipazione

Mario Casanova
Anna Mazzucco
Jacopo Pannocchia
Massimo Vitangeli

Shooting & Editing by
Pier Giorgio De Pinto

© 2011 CACT Centro Arte Contemporanea Ticino

All rights reserved. All sponsored products, company names, brand names, trademarks and logos are the property of their respective owners.

15 March 2011

The Living Room at 5 o'clock presenta: MIRKO ARETINI. Rassegna video. Conferenza e dibattito



The Living Room at 5 o'clock presenta


MIRKO ARETINI. Rassegna video. Conferenza e dibattito.

Sabato 12 marzo 2011 alle ore 17:00
CACT Centro d'Arte Contemporanea Ticino
Relatori: Angela Madesani e Jean-Marie Reynier
Moderatori: Mario Casanova & Pier Giorgio De Pinto

L'opera di Mirko Aretini (1984), artista video, filmmaker e scrittore, è stata oggetto del secondo incontro parlato al CACT. Dopo una proiezione di suoi video selezionati, si è tenuta una conferenza-presentazione a cura di Mario Casanova e Pier Giorgio De Pinto. Gli ospiti-relatori invitati sono stati Angela Madesani, nota storica e critica dell'arte, curatrice indipendente, nonché esperta di fotografia e video arte, e Jean-Marie Reynier, artista, critico e curatore per I Sotterranei dell'Arte.

Sorry, lecture held in Italian







29 January 2011

A "CULT TV" SI PARLA DEL CACT! Domenica 30 gennaio ore 22 Guardaci sul canale "LA 1" della RSI


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Video-intervista al direttore del CACT Mario Casanova e al coordinatore degli eventi collaterali Pier Giorgio De Pinto.

Puoi anche rivedere il video in archivio da lunedì 31 gennaio 2011 a questo indirizzo:
http://la1.rsi.ch/home/networks/la1/cultura/Cult-TV/2011/01/24/cult-30-gen.html?selectedVideo=3#Video








Stefano Faravelli, Wafaa Bilal e la videoarte

LA 1 /  Cultura /  Cult TV / 
LA 1 - Domenica 30 gennaio ore 22 -RSI 

A Cult Tv questa settimana si parla di un grande viaggiatore e dei suoi diari di viaggio, dell’esposizione Time is love e infine dell’artista di origini irachene Wafaa Bilal.

Pittore, filosofo, scenografo, creatore di marionette, illustratore, peintre-savant. Si fa fatica a rinchiudere in una sola, povera definizione un artista come Stefano Faravelli, cinquantenne torinese, grande e illuminato viaggiatore che riporta dai mille angoli del mondo diari di viaggio scritti e dipinti su piccoli taccuini che, srotolandosi, diventano racconti illustrati magici e misteriosi. Filmato al lavoro e intervistato nel suo atelier torinese, Faravelli si rivela poeta e sognatore raffinatissimo e ironico; il suo è un mondo popolato di immagini, fiabe e fantasmi che incanta e seduce, e che ci consegna a un mondo migliore.

Il tempo è amore, altro che denaro! Time is love è un’esposizione-evento che si svolge annualmente in diverse città del mondo. Le opere sono video, provengono dalle più svariate nazioni ed esplorano il concetto immortale dell’amore. L’inventore e curatore di questa rassegna è un giovane videoartista, originario del Togo, che vive tra Londra e Parigi: Kisito Assangni. Quest’anno il suo evento, con video che provengono da tutto il pianeta, fa tappa al Cact, Centro Arte Contemporanea Ticino, di Bellinzona. A far gli onori di casa il direttore Mario Casanova. Per Cult Tv un’occasione per conoscere lui, la sua struttura e, naturalmente, Kisito Assangni e le nuove tendenze dell’arte in video nel mondo. 

Wafaa Bilal è l’unico uomo al mondo con telecamera incorporata. L’artista di origini irachene fuggito in America, si investe anima e corpo in performances spettacolari. Come in “Spara a un iracheno”, in cui gli utenti di internet potevano improvvisarsi cecchini e sparare munizioni colorate sull’indifeso Bilal. O come in “The third eye” - Il terzo occhio oppure Il terzo io – in inglese la pronuncia è uguale - in cui una telecamera impiantata nel cranio di Bilal diffonde immagini colte alle sue spalle e senza la mediazione dell’artista.

15 January 2011

Aglaia Haritz nel programma CULT TV de La 1 RSI

http://la1.rsi.ch/home/networks/la1/cultura/Cult-TV/2011/01/10/cult-16-gen.html?selectedVideo=3#Video







Post preso da:
RSI La 1
Link di riferimento:
http://la1.rsi.ch/home/networks/la1/cultura/Cult-TV/2011/01/10/cult-16-gen.html

Non perdete l'evento e buona visione a tutti!


Haritz, Manganelli, Capovilla

LA 1 - Domenica 16 gennaio ore 22





Dal Medio Oriente, agli scritti di Giorgio Manganelli passando per un punk rock impegnato. Non perdete la prossima puntata di
CULT TV!

Dire fare cucire
di Claudia Quadri

Cucire tessendo storie di guerra, conflitti, disperazione. È questo il lavoro intrapreso da Aglaia Haritz, giovane artista ticinese, che
 ha saputo trasformare stoffe e fili in racconti di drammatizzazione e speranza. Una Penelope moderna, Aglaia, che non aspetta il 
suo Ulisse tessendo la tela, ma che, come Ulisse, viaggia per necessità, spinta dalla voglia di conoscere realtà estreme, come quelle
 dei conflitti in Medio Oriente, dei lebbrosari indiani, delle prigioni africane. E il viaggio diventa il nutrimento delle sue tele: da 
“Attualità” a “Genocidio Armeno”, da “Attentati” ad “Autobomba”, Aglaia racconta una quotidianità intessuta di impegno politico
 e sociale.

Il Majakovskij del rock 
di Stefano Roncoroni

Pier Paolo Capovilla è un cantante di rock alternativo italiano. Dopo essere stato bassista e voce degli One Dimensional Man, Pier
Paolo, da vita, nel 2005 al Teatro degli orrori, “Un quartetto rock bello classico, con una gran voglia di suonare della musica potente
 ma intrigante, violenta ma dai contenuti romantici, ignorante ma colta”. Abbandonati il basso e la lingua inglese, Capovilla sul palco
 non risparmia sudore, rabbia, energia, estremismo.
Sonorità punk rock, che il Teatro degli Orrori mescola a testi impegnati, intrisi di citazioni da opere di Baudlaire, Mayakoski, Ken Saro Wiwa. E proprio al poeta russo e allo scrittore nigeriano impiccato nel 1995, Capovilla ha dedicato anche dei reading musicali, letture pubbliche in cui viene accompagnato dal chitarrista Giulio Favero.

Manganelli: racconto per immagini 
di Renato Pugina

A vent'anni dalla scomparsa dello scrittore Giorgio Manganelli, una delle figure più interessanti ed enigmatiche della narrativa italiana del XX secolo, la figlia Lietta organizza a Milano una mostra fotografica in memoria del padre. Vi sono esposte un centinaio di fotografie tratte dall'album di famiglia dello scrittore. Sono foto di grande immediatezza, fatte da parenti e amici che lo ritraggono in momenti quotidiani: un lungo e affascinante percorso di vita, narrato dalla figlia, che all'età di tre anni venne affidata alla nonna e solo all'età di 18 anni poté finalmente ricongiungersi col padre. Oggi Lietta possiede tutto l'immenso archivio paterno, manoscritti, libri, fotografie, diari di viaggi, e sta scrivendo una biografia del padre che sarà pronta entro l’anno.

16 December 2010

IL VIDEO COMPLETO DI "THE LIVING ROOM AT 5 O'CLOCK"!











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Ecco a Voi il video dell'evento The Living Room at 5 o'clock.


2.22 ore di trasmissione in streaming TV in diretta mondiale!!!
La qualità del video e dell'audio è ottima e consente di ascoltare domande, risposte e commenti anche del pubblico presente in sala.
Un documento storico da rivedere tra qualche anno.


Ancora un ringraziamento agli ospiti e al pubblico che ci ha seguito in sala e in diretta TV


BUONA VISIONE A TUTTI!

13 December 2010

Buon successo di pubblico ieri al primo appuntamento di "The Living Room at 5 o'clock"

Sorry English text not available.


Non solo pubblico presente presso il CACT ma anche pubblico "televisivo" che ci ha seguito in diretta via streaming.


Stiamo montando il video di tutto l'evento che posteremo quanto prima.  


Godetevi intanto una piccola preview registrata ieri direttamente dallo streaming.





32 Visitatori in streaming sula canale CACTyou TV ieri dalle 17,00 alle 20,00 circa
48 Visite totali
3
0 ore viste tra diretta Tv e Registrazione Differita
8 spettatori in media oraria

Niente male per essere la prima "puntata" di The Living Room at 5 o'clock".
Un appuntamento che si preannuncia ricco di eventi già a partire dal prossimo 22 gennaio 2011 con una prima assoluta mondiale proposta da Londra!!!
Non mancate!

Un grazie infinito a tutti i partecipanti sia presenti al CACT che via streaming!





27 November 2010

Daté - NOV./DEC. 2010 - Skype Interview with Pier Giorgio De Pinto by Jean-Marie Reynier ITA/EN







Interview with the Italian artist PIER GIORGIO DE PINTO, coordinator of collateral events at the CACT Centre for Contemporary Art in Canton Ticino, Switzerland.
Jean-Marie Reynier, 4.11.2010, Skype




[04.11.10 14:03:56] Jean-Marie Reynier: A few days ago, our friend and colleague Anna Mazzucco posted the following status on Facebook: “Think of death as the liberation of everything used and outdated. In this sense, what is the best death you’ve never lived?” Your response was “Leaving Italy”. Tell me about your comment in more detail.
[04.11.10 14:07:22] Pier Giorgio De Pinto: Well, after spending my life in Italy, it was like Lucia’s farewell on the mountain in Alessandro Manzoni’s Promessi Sposi. In my heart, I feel no hard feelings or hatred towards Italy, but rather, a mourning, a death.
[04.11.10 14:08:51] JMR: Let’s talk about Italy, about your past then. Give me some more information about your training and your background.
[04.11.10 14:12:29] PGDP: I studied management and have training in human resources management. I studied mainly in Florence, but I’ve always been particularly interested in theoretical studies and other management courses, workshops and study days on topics relating to the arts, whether they be visual arts in the classical sense or whether they’re more closely linked to the contemporary concept of visual arts and transdisciplinary projects. I have attended a film school and a theatre school, taken contemporary dance classes and classes on contact improvisation to complete my studies of the body. I’ve also studied how to interpret and use the voice, with classes on diction, vocal technique, orthoptics, dubbing, transpersonal rebirthing and Breathwork. I’ve always worked a lot abroad and relatively little in Italy, not because I’m a “xenophile” but more because of the kind of work I do, which will always be a little hard to digest in Italy because of our bigoted and anachronistic moral standards in comparison with numerous other European countries. Let’s say that my work has always been highly censured and that it’s really frustrating always to see your work exhibited in small parts, and always the most flattering and accommodating parts of it.
[04.11.10 14:15:05] JMR: Now you also have the role of Coordinator of the CACT, under the direction of Mario Casanova, for organising collateral events to the main programme. What kind of cohabitation do you envisage between your artistic and curatorial work?
[04.11.10 14:20:28] PGDP: To restate what Mario Casanova, Director of the CACT, always says: we need to give artists the chance to reappropriate art spaces. And indeed, numerous art venues, especially the Swiss Kunsthalle, were born (at least in the intentions of the founders) as places for the aggregation, protection, exhibition and exchange of ideas among artists. Thus, my collaboration with the CACT is due primarily to the fact that I was one of the artists who took Casanova’s request seriously, and suggested a whole series of initiatives which were very warmly received by Casanova, hence the position of Coordinator of Collateral Events. Cohabitations of the kind to which you refer are necessary, I think, in a context where there is a vast amount of art on offer, but which is largely the product of nepotism and local mafias, since cohabitations give artists and not just the political custodians of art the opportunity to express themselves. A willingness, then, to reemphasise the principal actor, i.e. the artist.
[04.11.10 14:21:51] JMR: So the curator himself becomes an artist?
[04.11.10 14:27:19] PGDP: In the Szeemannian concept, yes, even if over time, things have changed from what the inestimable Szeemann proposed, hence the popularity of “starlet” curators in the art world, and especially in Italy, where I’ve worked with numerous curators who, in an uneducated and totally unprofessional manner, take the place of the artist himself, saying what he should or shouldn’t do.
Art in the service of a pushiness equal to that which you find in the idea of an American multinational. The curator is an artist and the artist is a curator; the difference for me remains in the approach you take towards the projects being presented. I don’t see anything wrong in an artist organising a collective exhibition of other artists, or following his own vision and presenting his own artistic work as a curator. Why do we still create castes and subdivisions? In 2010, do we really need to tear through the pages of an encyclopaedia to know who we are or to know who we should be in the eyes of others? For me, what means something is doing, taking action. That’s what counts.
[04.11.10 14:30:04] JMR: On this point, it seems reasonable then to ask you the fateful question, since you mentioned foreign countries. One might think of unmissable Berlin, cryptic Brussels, crazy New York, out-of-fashion Barcelona… But strangely, one never thinks of Bellinzona. Why this choice?
[04.11.10 14:35:32] PGDP: My arrival in Ticino came about primarily due to logistical demands, which is to say that my work has always been highly appreciated in Northern Europe, and living in Switzerland allows me to travel more easily to wherever opportunity and my projects might take me. I like challenges and settling in Ticino seemed the most appropriate choice. And I say “challenge” because of the fact that Ticino suffers an inferiority complex towards the rest of Switzerland. As someone who has only been here a short time, I notice this particularly when I travel to the rest of Switzerland. Perhaps due to its connection to theatrical and sanctimonious Italy, perhaps because historically more has been done elsewhere, and with greater energy, it’s a fact that Ticino is struggling to make an impact on the contemporary art scene, and that the actors in the sector in Ticino have a harder time demonstrating their vitality compared with their counterparts in the rest of Switzerland. Yes, I think I’m in the right place. What I like is to overcome things, to sweat to achieve them, to achieve things by hard work. Coming to Switzerland to knock on the doors of art institutes for subsidies, funds and study grants isn’t for me. I first want to demonstrate that I deserve them, and then I’ll knock on doors here and there for subsidies for my ambitious projects.
[04.11.10 14:39:21] JMR: Ticino is a place that I’ve known well for years, and for some time it has seemed to me that many things are moving in the right direction. But unfortunately, that’s not something that’s acknowledged to a fair degree. Looking at the relationship with Italy, and the role of the federal Switzerland, as much geopolitical as cultural, what conclusions can you draw? What can Ticino do or has it done – for better or for worse – to find itself in this position?
[04.11.10 14:48:00] PGDP: When I was in Italy and talked to my “artistic colleagues” who took advantage of the prosperity in Switzerland, I was horrified. This is explained by the fact that they would tell me how for years that had lived practically without working, in the biblical sense of the term, by which I mean: I plough, I sow, I water and I plough, in order at the end to harvest the potatoes. For a person like me, who is used to working hard and sowing much to harvest a single, miserable potato, this was truly offensive. My dear colleagues explained to me how they would reap the Federal Art Awards, funds from “generous multinationals”, even foreign companies with their headquarters in Switzerland, long artists residences of up to a year, and how they would then have the bad taste to present some inanity at the end of the residence to justify their presence.
The geopolitical situation is absolutely a matter of chance and doesn’t determine success or failure; on the contrary, the proximity to Italy itself would be much better exploited if, and let’s be open about it, not everything was made into a comparison with Italy. A marvellous Italy exists, full of serious people, full of good will, and who, on their small scale, still have the courage to produce without making political compromises and compromises with the curatorial institutions. And the same thing is happening, I believe, in Ticino. The thing is to help all this fervent activity to emerge, the new work which is finally emerging in Ticino. I myself am “publicising” here the work of many colleagues and actors on the Ticino scene. It seems to me fair to help one another, transcending stale and century-old enmities. It’s time to work together to show how strong the offer is, and how interesting a visit to an art venue can be.
[04.11.10 14:50:16] JMR: Staying in Ticino, before returning to universal issues, give me an objective look at the cultural offerings which are worth being mentioned.
[04.11.10 15:03:05] PGDP: First of all, the CACT, and not just because I’m working with this organisation but because it’s always offered a programme that’s vast, international and very interesting. And now, with the collateral events, the CACT will truly be a point of reference, not only within Switzerland but also on an international level. We can also safely mention the Ticino Kunsthalle. However, don’t forget that the CACT is at the beginning of its life at the heart of the circuit of Swiss museums, being recognises as an art institute equal to the Kunsthalle and other national museums (all you need is to look at the list of these institutions on the CACT membership card). And then the original and sometimes surprising Sotterrainei dell’Arte, directed by Jean-Marie Reynier: here’s a good example of how to be an artist, a curator, an art critic and a human being, all in a single person. Each time I have the chance to visit I Sotterranei I’m surprised, since each event is different from the last and you don’t know what to expect next time, while at the same time there is a conceptual coherence and a courageous curatorial policy.
Then, I very much like the ArsPolis initiative, organised by Michele Balmelli, owner and curator of the eponymous gallery in Lugano, and Al Fadhil, another very interesting artist and curator. As I said in person to Al Fadhil and to Balmelli, the first Edition Zero of the ArsPolis event was important, not so much for the selection or non-selection of particular artists or venues in Lugano rather than other ones, as for the fact of organising something.
And I’ll repeat the importance of doing rather than talking…
Other venues come to mind, but their offer is so dull and sporadic that I sincerely can’t find any objective reason to mention them.
You need more energy and in particular more passion for art, more sense of participation and interest for the work of others, too, it’s not enough to add fuel just to your own fire if you want this Ticino to emerge.
Those venues I’ve cited have the desire, passion for art and energy to sell their projects – we’ll surely see some nice things there in the near future.
[04.11.10 15:05:59] JMR: Coming back to you… on your website, on your Facebook profile, I find: Franko B, Warbear, Pasolini, gender, humanism and irony… what are some new developments for you and Ticino in these areas?
[04.11.10 15:19:50] PGDP: In Ticino, I’m continuing with the themes which are close to my heart, I certainly haven’t changed register, on the contrary, here I feel yet freer, in a civilised country, which, still, incredibly, enjoys direct democracy (for an Italian like me, that’s pure science fiction). The names you mentioned bring back memories and experiences which are still alive for me, since they are, by chance, friends whom I still see. Franko B is one of the most incredible people I know. I could spend hours listening to his humble, simple but always attentive manner, an intelligent manner, too, for presenting art, love and sex in a total mixture which is life itself.
On a personal level, I’m extremely happy about the project at the PAC which unites us around a common destiny, i.e. the path of mankind towards a “post-technological society” as Casanova called it. The partnership with Franko B will certainly continue. As far as Warbear is concerned, another friend of mine, another strong personality who, with his concepts, reflections and dispatches challenges the convention, and, as has been said on more than one occasion, his reflections and provocations create these magnificent cerebral discharges which should be the brain’s principal function. Unfortunately, today there are really very few brains with active cerebral discharges, we’re still waiting for someone to hold a brainteaser above our heads to make us react.
Pasolini came to mind the other day, and on this topic I’ll copy/paste what you wrote on Facebook to another great friend Massimo du duo (anarcocks) Massimo & Pierce of Black Sun Productions.
Massimo had posted an image which recalled Pasolini 35 years after his death; we read the millionth unfortunate tirade by Berlusconi on “I’d rather look at girls than be gay”, so I posted to Massimo: “Oh yes, it seems that history really teaches nothing, my dear Massimo…” He hasn’t quite got the idea, whoever posted the image, and instead it’s history which leaves scars on us… but someone seems too used to looking at other people’s bodies rather than his own body and thus forgets to touch the old wounds which he has, since we all have them. What sadness. I’ve a small but precious book on Pasolini on the Bologna Cinematheque, purchased at the mythical bookshop Il Mulino in Bologna: Pasolini’s TV. With these few lines, we meet the great and prophetic Pasolini, who was already talking about TV à la Berlusconi back in the 1970s. If we think that here we are at the end of the first decade of the 21st century, it gives us an unpleasant shiver to read certain statements made by a prime minister. An accolade.”

Gender, humanism and irony, I would like to combine them in a single word: life.
As I’ve already said, we no longer need an encyclopaedia to define ourselves, neither in our own eyes or in the eyes of others. These are all themes which are close to my heart and which I continue to study thanks to my projects.
[04.11.10 15:23:59] JMR: An interview on Skype, Facebook references, multiple identities, virtual identities… As the final question of this interview, what can you/do you want to say on these new media? On flexible boundaries?
[04.11.10 15:37:38] PGDP: I think that the arrival and development of Web 2.0 has really called into question the concept of space time. Many people, still too many, haven’t yet understood the potential of how much it offers us each day, due to the active position it has finally given us when we sit in front of a monitor, which shouldn’t be that of a passive TV experience. For the rest, we are at this very moment in the middle of exchanging ideas, concepts, words and also files, digital documents and still other things in real time. It’s a vast domain which I personally love to explore through my projects as well. A gift for you, for example, is the first case where you can download one of my works free of charge via a QR code and exchange it with others as you see fit.
(link http://cacticino.net/oldsite/public/admin/newsletter_preview_chiasso.php?id=244).

Or also my very recent project Faccia Libro, offered to all subscribers to the CACT fanzine. It’s an entertaining project created entirely by hand and which will be much talked about and though about. Flexible borders which thus aim to bring people closer to each other. For the contemporary art world in particular, this remains a vast and unknown territory, still to be lived and explored. A territory which often scares people since it confronts us with archaic fears and languages and other “products” which we’re unable to explain. When I hear a visitor say “I swear, I really don’t understand anything about modern art (to use the term many people use to refer to contemporary art),” I always give them a big smile and say, “Sir, you don’t have to understand art, you have to live it. You should have the same approach as when you listen to a piece of music, classical music, maybe. Perhaps no-one ever told you that you need to know how to read a score to appreciate the marvellous force and harmony of classical music? There you are, so let yourself be transported by your emotions, abandon dogmas, stereotypes, preconceptions and enjoy the truth of the human being inside of you, free of all conditions dictated by society, of all morality and above all of political or religious doctrines of all kinds. There, you’re ready now. Now, you know all there is to know about contemporary art.”
[04.11.10 15:39:59] JMR: Great, thank you very much, do you have anything you’d like to add which is close to your heart?
[04.11.10 15:41:32] PGDP: Yes, it’s been a great pleasure for me to have had this opportunity to talk about not a profession but a great passion, “making contemporary art”. Thank you very much and thank you to Daté for this opportunity.

(Published with the courtesy of the author and Daté Magazine.)
November 15th 2010 <
What is DATÉ ?
Swiss army knife of contemporary art, "Daté" is a tool to sharpen the perspective and appetite of cultural hikers in the Franco-Swiss region and elsewhere. 

http://daté.es/en/revue/


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ITALIANO

Intervista a PIER GIORGIO DE PINTO, artista italiano, co-responsabile del CACT Centro d'Arte Contemporanea Ticino.
Jean-Marie Reynier, 4.11.2010, Skype

[04.11.10 14:03:56] Jean-Marie Reynier: La nostra amica comune e collega Anna Mazzucco, qualche giorno fa, ha postato su Facebook il seguente statuto: "Pensa alla morte come alla liberazione da tutto ciò che è logoro e superato. In questo senso, qual è la morte migliore che hai mai vissuto?" la tua risposta é stata La partenza dall'Italia. Spiegami più in dettaglio questo tuo commento
[04.11.10 14:07:22] Pier Giorgio De Pinto: Beh, dopo una vita passata in Italia è stato come l'addio di Lucia ai monti nei promessi sposi di Manzoni. Nel mio cuore non c'era rancore o rabbia verso l'Italia bensì un senso di lutto, di morte. Sentivo che la mia partenza dall'Italia era come risorgere, come la Fenice dalle ceneri. Io continuo a dire che se mi offrono occasioni professionali torno volentieri a lavorare in Italia. Non potevo però rimanere in un’Italia che è ridotta ad una pantomima di ciò che è stata in un gloriossissimo passato, sia per quanto riguarda la cultura che le arti in generale.
[04.11.10 14:08:51] JMR: parliamo d'Italia, dunque del tuo passato, dammi qualche informazione più ampia sulla tua formazione e il tuo passato
[04.11.10 14:12:29] PGDP: Ho una formazione professionale di stampo manageriale in campo amministrativo, di gestione e formazione delle risorse umane. Ho studiato principalmente a Firenze ma ho sempre affiancato a questi studi analitici e manageriali corsi, workshop e giornate studio che avevano a che fare con le arti sia plastiche, quindi classiche, sia più legate al concetto contemporaneo di arti visive e mezzi transdisciplinari. Ho frequentato una scuola di cinema e una di teatro, corsi di danza contemporanea e di contact improvisation a completamento dei miei studi su corpo, interpretazione e uso della voce grazie a corsi di dizione, tecnica vocale, ortoepia, doppiaggio, rebirthing transpersonale, Breathwork.  Ho sempre lavorato molto all'estero e poco in Italia, non perchè mi sento esterofilo bensì per il tipo di lavoro che faccio e che in Italia è sempre scomodo da digerire a causa di una comune morale bigotta e anacronistica rispetto a molti altri stati europei e non. Diciamo che il mio lavoro è sempre stato molto censurato ed era davvero frustrante vedersi sempre il lavoro esposto in piccola parte e sempre nella parte più accomodante e ruffiana.
[04.11.10 14:15:05] JMR: ora hai anche lo statuto di co-cordinatore del CACT, diretto da Mario Casanova, per l’organizzazione di eventi collaterali alla programmazione espositiva. Quale coabitazione possibile vedi fra il lavoro artistico e quello curatoriale?
[04.11.10 14:20:28] PGDP: per riprendere ciò che dichiara sempre Mario Casanova, direttore del CACT, è necessario dare agli artisti la possibilità di riappropriarsi dei luoghi deputati all'arte, del resto molti luoghi d'arte e soprattutto le kunsthalle svizzere nascono nella maggior parte dei casi (almeno negli intenti iniziali) come luogo di aggregazione, protezione, esposizione e scambio del lavoro tra artisti. Quindi la mia collaborazione con il CACT è principalmente dovuta al fatto che sono stato uno degli artisti che ha preso sul serio la richiesta di Casanova ed ha proposto tutta una serie di iniziative che a Casanova sono molto piaciute. Da lì la collaborazione come co-ordinatore degli eventi collaterali. Le coabitazioni di cui tu parli credo siano ormai necessarie in un panorama dove l'offerta è ampia ma piuttosto fatta di nepotismi e mafie locali quindi dare voce di nuovo agli artisti  e non soltanto all'arte del politico di turno. Una volontà di porre nuovamente l'accento sul protagonista principale ovvero l'artista.
[04.11.10 14:21:51] JMR: Dunque il curatore diventa anch'esso artista?
[04.11.10 14:27:19] PGDP: nel concetto Szeemanniano si, anche se nel tempo la cosa è stata travisata da ciò che profetizzava il grandissimo ed ineguagliabile Szeemann ed ha creato curatori "Starlette" del mondo dell'arte, soprattutto in Italia ho avuto a che fare con molti curatori che in modo maleducato e per nulla professionale si sostituivano all'artista stesso dicendo cosa fare e dire e cosa non. L'arte al servizio di un arrivismo pari a quello riscontrato in un concetto manageriale da multinazionale americana. Il curatore è artista e l'artista è curatore la differenza sta, secondo me, nell'approccio che si ha verso i progetti che si mettono in cantiere. Non vedo nulla di sbagliato a organizzare come artista una collettiva di altri artisti, o come curatore seguire una propria poetica e presentare un proprio lavoro artistico. Perché creare ancora caste e suddivisioni? Nel 2010 abbiamo davvero bisogno di sfogliare un’enciclopedia illuminista per sapere cosa siamo o meglio cosa dovremmo essere agli occhi degli altri? Per me ha senso solo il fare, l'azione. E' questo che conta.
[04.11.10 14:30:04] JMR: Dunque a questo punto mi sembra doveroso porti la domanda fatidica, parli di paesi stranieri. Si potrebbe pensare all’immancabile Berlino, alla criptica Bruxelles, alla folle New York, alla fuori moda Barcellona o alla mafiosissima Mosca... Ma stranamente non si penserebbe mai a Bellinzona. Perché questa scelta?
[04.11.10 14:35:32] PGDP: Il mio arrivo in Ticino è mosso principalmente da esigenze logistiche ovvero il mio lavoro è sempre stato molto apprezzato nel nord Europa e vivere in Svizzera consente di muovermi più agevolmente la dove mi portano le occasioni e i miei progetti. Amo le sfide ed approdare nel Canton Ticino mi è sembrato il luogo più adatto.  Dico sfida in quanto il Canton Ticino soffre di un senso d’inferiorità rispetto al resto della Svizzera. Io stesso che sono da poco qui lo noto soprattutto quando mi sposto nel resto della Svizzera. Forse la vicinanza con la teatrale e bacchettona Italia, forse perchè storicamente si è fatto di più e con maggior grinta altrove, ma sta di fatto che il Canton Ticino fa fatica a decollare con l'arte contemporanea e quindi fanno molta fatica gli operatori del settore nel Canton Ticino a dimostrare una loro forza pari a quella del resto dell'offerta svizzera. Si , credo proprio di essere nel posto giusto. A me le cose piace conquistarle, sudarle, ottenerle con il lavoro. Arriva in Svizzera per bussare alle porte degli istituti per sussidi, fondi  e borse studi non è da me. Prima voglio dimostrare di meritarlo poi semmai busserò un po' qua un po' là per sostenere i miei ambiziosi progetti.
[04.11.10 14:39:21] JMR: Il Ticino é una realtà che conosco bene da anni, e in questi ultimi tempi mi sembra che tante cose si stiano muovendo in una buona direzione, purtroppo non é una realtà che viene difesa nelle giuste proporzioni. Analizzando la vicinanza all'Italia, al ruolo nella Svizzera Federale sia geopolitica che culturale, che analisi puoi farne? Che cosa può o ha fatto il Ticino, di male e di bene per trovarsi in questa posizione?
[04.11.10 14:48:00] PGDP: Quando ero in Italia spesso parlando con i miei "colleghi artisti" che usufruivano del bengodi svizzero rimanevo sbigottito. Questo perchè mi raccontavano come ormai da anni praticamente vivevano senza lavorare nel senso biblico del termine ovvero semino, annaffio e zappo le patate per poi raccoglierle. Per uno come me abituato a lavorare sodo e a seminare molto per raccogliere una sola misera patata era davvero un offesa. Mi spiegavano, i cari colleghi, come andavano avanti a borse federali, a soldi presi da "generose multinazionali" anche estere con sede in Svizzera,  alle residenze lunghe fino ad un anno e di come si facevano beffa presentando a fine residenza una qualsiasi stupidaggine pur di giustificare la loro presenza. Ecco questo sicuramente è uno dei motivi che hanno reso il Canton Ticino (ma forse anche il resto della Svizzera), un’offerta un po' deboluccia fatta di gente che in passato ha avuto troppo ed esagerato benessere. L'uomo si sa è pigro ed abitudinario per natura quindi se ha l'occasione di gozzovigliare invece che lavorare bè, sappiamo no? La posizione geopolitica è assolutamente felice e non determina successi o insuccessi anzi andrebbe sfruttata meglio anche la stessa vicinanza con l'Italia perchè diciamolo di non fare di tutta l’erba un fascio con L'Italia. Esiste una meravigliosa Italia fatta di gente in gamba e volenterosa che nel suo piccolo ha ancora il coraggio di fare senza commistioni politiche e con l'amministrazione di turno. Stessa cosa credo accada anche qui in Ticino. Il trucco è far emergere tutta questa fervente attività, questo nuovo che sta finalmente uscendo in Ticino. Io stesso sto "pubblicizzando” il lavoro di molti colleghi e operatori del settore qui in Ticino. Trovo giusto darsi forza l'un l'altro superando vecchie e stantie inimicizie lunghe secoli. E' ora di unirsi per far vedere quanto forte è l’offerta, e quanto interessanti siano le occasioni di frequentare l'arte.
[04.11.10 14:50:16] JMR: restando in Ticino, prima di ritornare all'universale, fammi un analisi oggettiva delle proposte culturali che valgano la pena di essere citate
[04.11.10 15:03:05] PGDP: In primis il CACT, non perchè collaboro con questa struttura, ma perchè effettivamente ha sempre avuto una programmazione ed un offerta internazionale vastissima e sempre molto interessante. Ora poi, con gli eventi collaterali, il CACT sarà davvero un punto di riferimento non solo all'interno della Svizzera ma anche a livello internazionale. Possiamo ritenerla senza incorrere in errore la Kunsthalle del Ticino. Del resto ricordiamo che il CACT è fin dai primi anni della sua vita all'interno del circuito dei musei svizzeri essendo riconosciuto come istituto pari alle kunsthalle ed altri musei nazionali (basta vedere l'elenco di queste istituzioni sulla tessera socio CACT). Poi l'offerta del tutto originale e che sorprende di volta in volta, è rappresentata dai Sotterranei dell'Arte, curata da Jean-Marie Reynier: ecco un bell'esempio di come si può essere artista, curatore, critico d'arte ed essere umano tutto racchiuso in un unico interessante soggetto. Ogni volta che ho l'occasione di visitare I Sotterranei rimango sorpreso perchè ogni evento è sempre diverso e non sai cosa aspettarti la volta dopo. In seguito mi è molto piaciuta l'iniziativa ArsPolis organizzata e curata da Michele Balmelli, proprietario e curatore dell’omonima galleria a Lugano, e Al Fadhil, altro interessantissimo artista e curatore. Come ho detto personalmente ad Al Fadhil e a Balmelli la prima edizione zero dell'evento ArsPolis è stata importante, non tanto per la scelta o non scelta di alcuni artisti o luoghi di Lugano piuttosto che altri, quanto sul fatto che si sia organizzato qualcosa. Ribadisco l'importanza dell'agire piuttosto che del blaterare... Mi vengono in mente altri luoghi ma la loro offerta è talmente blanda ed occasionale che sinceramente non trovo motivo oggettivamente di citare. Ci vuole più grinta e soprattutto più passione per l'arte e più senso di partecipazione ed interesse anche per il lavoro altrui, non bisogna portare acqua soltanto al proprio mulino per far emergere questo Ticino. Chi ho citato ha voglia, passione per l'arte ed energia da vendere e sicuramente ne vedremo delle belle prossimamente.
[04.11.10 15:05:59] JMR: torniamo a te, guardando il tuo website, il tuo profilo Facebook vedo: Franko B, Warbear, Pasolini, Gender, umanismo e ironia... quali sviluppi per te e per il Ticino in questi campi?
[04.11.10 15:19:50] PGDP: in Ticino proseguo con i temi che mi stanno a cuore, non ho di certo cambiato registro anzi qui mi sento ancora più libero, in un paese civile e che, incredibile a dirsi, ha ancora una democrazia diretta (per un italiano come me è parlare di pura fantascienza). I nomi che tu hai citato mi gonfiano subito il cuore di ricordi ed esperienze che sono sempre vive in me perchè per fortuna si tratta d’amici che ancora frequento. Franko B è una delle persone più incredibili che conosco. Potrei stare ore ad ascoltarlo con quel suo modo umile, semplice ma sempre attento, ed intelligente di presentarti l'arte, l'amore, il sesso in un mix totale che è la vita stessa. Sono extra-felice per la personale che sta avendo al PAC che ribadisce un percorso comune che stiamo facendo, ovvero questo cammino dell'uomo verso una "società del sentimento" così come la chiama Casanova. La collaborazione con Franko B continuerà sicuramente.
Per quanto riguarda Warbear altro amico, altra persona forte che con i suoi concetti, le sue riflessioni manda in tilt cervelli e, come gli dissi una volta, le sue riflessioni e provocazioni creano quelle magnifiche scariche celebrali che dovrebbero essere la funzione principale in un cervello. Ahimé oggi giorno di cervelli con scariche celebrali attive ce ne sono davvero pochi, aspettiamo sempre che qualcuno ci spari un teaser addosso per farci reagire. Pasolini, mi è tornato in mente proprio questi giorni e a proposito ti copio ed incollo cosa ho scritto su Facebook ad un altro grande amico Massimo del duo (anarcocks) “Massimo & Pierce” dei “Black Sun Productions”. Massimo aveva postato un’immagine che ritraeva Pasolini e dopo 35 anni dalla morte; si leggeva l'ennesima infelice battuta di Berlusconi su "meglio guardare le ragazze che essere gay" allora ho postato a Massimo: "e già, come dire la storia non insegna proprio nulla caro Massimo...”
Ha colto perfettamente l'idea chi ha postato l'immagine, eppure di cicatrici addosso ne lascia la storia, ma qualcuno pare troppo abituato a guardare il corpo degli altri che il proprio e quindi dimentica di toccarsi quelle vecchie ferite che ha, come tutti noi ne abbiamo.Che tristezza. Ho un piccolo ma prezioso libro su Pasolini della cineteca di Bologna, preso alla mitica libreria Il Mulino sempre di Bologna: "La Tv di Pasolini".Dentro quelle poche righe s’incontra il grande profetico Pasolini, che già negli anni 70 parla della Tv di stampo berlusconiano.Se pensiamo che siamo alla fine del primo decennio degli anni 2000 viene un brivido di sconforto leggendo certe dichiarazioni da parte di un primo ministro. Un abbraccio".
Gender, umanesimo ed ironia, vorrei racchiuderle tutte in un unica parola: vita. Come già accennato non abbiamo più bisogno di un’enciclopedia per definirci ne’ ai nostri occhi ne' tanto meno agli occhi degli altri. Sono tutti temi che mi stanno a cuore e che continuo a studiare grazie ai miei progetti.
[04.11.10 15:23:59] JMR: Un intervista skype, riferimenti a Facebook, multi-identità, identità virtuale... come ultima domanda di questa intervista cosa puoi / vuoi dirmi su questi nuovi media? Delle frontiere flessibli?
[04.11.10 15:37:38] PGDP: Penso che l'avvento e lo sviluppo del web 2.0 ha davvero rimesso in gioco il concetto di spazio tempo. Molti, troppi ancora, non hanno capito il potenziale di quanto ci viene offerto ogni giorno grazie a questa posizione attiva che abbiamo finalmente di fronte ad un monitor che non sia quello passivo-televisivo. Del resto, noi in questo momento siamo "in tempo reale" a scambiarci idee, concetti, parole e se vogliamo anche file, documenti digitali ed altro. E' un territorio vastissimo che io personalmente mi diverto ad esplorare anche attraverso i miei progetti. "A gift for you" per esempio è il primo caso di contenuto digitale che offre la possibilità di scaricare gratuitamente tramite un QR Code una mia opera e scambiarla come meglio si crede con gli atri,
Oppure il mio nuovissimo progetto "Faccia Libro" dato in omaggio a chi acquisterà la fanzine del CACT. E' un divertente progetto tutto da costruire con le proprie mani e che farà discutere e riflettere molto. Frontiere flessibili, quindi che hanno l'intento di avvicinare le persone tra loro. Soprattutto verso il mondo dell'arte contemporanea, questa sconosciuta e vasta terra ancora tutta da vivere e da esplorare. Una terra che spesso mette timore perchè ci confronta con paure arcaiche o con linguaggi e "prodotti" che non ci sappiamo spiegare. Quando mi sento dire da un visitatore "premetto che io di arte "moderna" (così molti chiamano la contemporanea) non ci capisco proprio un bel nulla eh!" faccio sempre un gran sorriso e dico "signore, lei l'arte non deve capirla, deve viverla. Deve avere lo stesso approccio che ha ascoltando un brano musicale magari di musica classica. Qualcuno le ha mai forse chiesto di saper leggere uno spartito per apprezzare la meravigliosa forza ed armonia della musica classica? Ecco quindi si lasci trasportare dalle emozioni, abbandoni dogmi, stereotipi, preconcetti e goda del vero se stesso, di quel essere umano che è dentro di lei scevro da ogni condizione dettata dalla società, dalla morale e soprattutto dalle dottrine di qualsiasi genere politico o religioso. Ecco adesso è pronto. Adesso sa tutto quello che c'è da sapere sull'arte contemporanea."
[04.11.10 15:39:59] JMR: benissimo, ti ringrazio molto, hai qualcosa da aggiungere che ti tiene a cuore?
[04.11.10 15:41:32] PGDP: si, che mi fa piacere aver avuto questa ulteriore occasione di parlare di una grande passione, non di un mestiere che è quello di "fare arte contemporanea".  Ringrazio infinitamente te e Daté per questa opportunità.

(Intervista pubblicata per gentile concessione dell'autore e di Daté Magazine.)
15 Novembre 2010 <





Il coltellino militare svizzero dell'arte contemporanea"Daté" è lo strumento per affinare il punto di vista e l'appetito degli escursionisti culturali nella regione Franco-Svizzera ed altrove.


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