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BEHIND THE GLASS
Donato Amstutz & René
Odermatt
Opening on Saturday
the 23rd of April 2016 at 5.30 p.m.
23 April – 3 July 2016
Fri-Sat-Sun from
2.00 to 6.00 p.m.
BEHIND THE GLASS is
the second exhibition for the year 2016, presenting two apparently different
artists – Amstutz and Odermatt – who nevertheless share a strong bond in their
approach to material and its transformation.
The
exhibition opens (on Friday 22 April 2016) to coincide with DIMENSIONE DISEGNO.
POSIZIONI CONTEMPORANEE (The Dimension of Drawing: Contemporary Positions), an
exhibition curated by Carole Haensler Huguet to be hosted at the Civic Museum
of Villa dei Cedri in Bellinzona, www.villacedri.ch
DONATO AMSTUTZ
(1969), who among other things has already held a one-man show at the MACT/CACT
in 2011, featuring the publication of the monograph APATHIA, is something of a
painter of embroidery, in the sense that he balances skilfully on the knife-edge
between traditional and contemporary, between acceleration and the cancellation
of the – utterly technological – rapport between space and time and
recuperation of how time itself passes, which turns out to be an essential
element for defining his work and approaching how he constructs his imagery. Embroidery
done by hand, involving the inescapable slowness of its execution, induces us
to ponder and question an era – our own – when everything else is so strongly
identified and marked by rapid technologies, all the apparatus of information
and communication and the concepts of efficiency and optimisation: all traits
that were such vigorous hallmarks of artistic production in the latter part of
the last century, leading up to the paired conceptions of art/technology and art/science.
So it’s as though Donato Amstutz were to be recuperating the archaeological
artefacts of a ‘modern’ photocopier, the object that we have now almost
completely replaced with the scanner for transmitting data online, so as to
preserve them in his archives of ‘products’ that nobody looks at any more:
consumer durables that have come to be appreciated for their aesthetics; images
that are there to console us, like so many images these days. Amstutz thrives
on these photos and figures: he selects them and reproduces them, embroidering
them by hand on fabric.
It is actually this
act of slowly rewriting an image, almost what might be termed a ‘stupidogram’
on the scale of craftsmanship, whose execution is long and drawn-out, with repetitive
gestures, that restores the meaning of seeing to the arrogance of looking. The
point of embroidering reproductions of everyday information images whose
ultimate destiny is usually to be pulped, after multiple machine reproductions
and maybe also alterations, is to acquire the ability of sublimation and
restoration to representation of its centre of gravity, its iconological and
iconographic importance, shifting the conceptual experience once again towards
the visual. It is ironic just how intelligent is his way of analysing and
examining the process of constructing and deconstructing visual language in
relation to an era distinguished fundamentally by choral, fashionista
inhibition, where everyone strives so hard to be different that they all end up
identical.
In parallel, RENÉ ODERMATT (1972) makes matter and his material into
the constituent element of his work: wood, with the occasional variant. His
sheer craftsmanship – which cannot be described as ‘art for art’s sake’ – frustrates
the excess of à la mode and/or à la carte stereotypes we find all too often in
the art market. All things contemporary are coming under the heavy fire of
sustained attack from evolutionism, as the post-contemporary advances, dragging
a greater awareness of past history with it.
Odermatt works on and with that history, conceiving of
iconology linguistically. Like Amstutz, he, too, practices skilled
craftsmanship, whence the public has come to expect the authenticity of the
gesture, rather as though he were recuperating a long-lost quality: maybe this
is the new meaning to be given to the concept of the contemporary, a process of
bringing the human element back within the bounds of the conjectures of a
universe that is possible, but all primarily virtual and virtually social.
These influences are described egregiously by Odermatt,
who approaches his classical wooden sculpture in such a way as to question –
ironically, of course – the logos of stereotyped imagery. It is actually his
technical skill that hits the mark, enabling him to use other materials to
reproduce ‘pop’-flavoured clichés, often unmasking the commonplace and
self-reference.
Mario Casanova,
2016
Translation Pete
Kercher
BEHIND THE GLASS
Donato Amstutz & René Odermatt
Vernissage Sabato 23 aprile
2016 dalle 17:30
23 aprile – 3 luglio 2016
Ve-sa-do dalle 14:00 alle
18:00
BEHIND THE GLASS è la seconda esposizione del 2016, che presenta due
autori – Amstutz e Odermatt – apparentemente diversi ma fortemente riuniti
dall’approccio al materiale e alla sua trasformazione.
La mostra apre in concomitanza (venerdì 22 aprile 2016) con DIMENSIONE
DISEGNO. POSIZIONI CONTEMPORANEE, mostra che avrà luogo – per le cure di Carole
Haensler Huguet – presso il Museo Civico di Villa dei Cedri di Bellinzona,
www.villacedri.ch
DONATO AMSTUTZ (1969), di cui si ricorda tra l’altro la personale al
MACT/CACT del 2011 con la pubblicazione monografica APATHIA, è una sorta di
pittore del ricamo, abilmente in bilico tra tradizione e contemporaneità, tra
velocizzazione e annullamento del rapporto – tutto tecnologico – spazio/tempo e
riappropriazione del decorrere temporale, che risulta essere un elemento
fondamentale per la ridefinizione del suo lavoro e dell’approccio alla costruzione
dell’immagine. Il ricamo manuale e la sua estenuante lentezza esecutiva fanno
riflettere e rimettono in discussione un’epoca, la nostra, fortemente connotata
e marcata dalle
tecnologie veloci e dagli apparati informativo-comunicazionisti, dai concetti
di efficienza e ottimizzazione, di cui la produzione artistica del secondo 1900
si è fortemente intrisa fino ad arrivare al binomio arte/tecnologia,
arte/scienza. Ecco che Donato Amstutz è come se recuperasse i reperti
archeologici di una fotocopiatrice ‘moderna’ – ormai quasi interamente
sostituita dallo scanner per la trasmissione telematica dei dati –, per
conservarli nel suo archivio di ‘prodotto’ ormai inguardati, estetizzato e di
consumo; consolatori quali sono gran parte delle immagini oggi. Amstutz si
nutre di queste foto, di queste figure; le seleziona e le riproduce ricamandole
a mano su tessuto.
Ed è proprio questa componente di lenta riscrittura dell’immagine,
quasi uno stupidogramma artigianale di notevole durata esecutiva e gesto
ripetitivo, che ridà all’arroganza del guardare il senso del vedere. Ricamare
le riproduzioni di immagini informative quotidiane destinate fondamentalmente
al macero, dopo essere state più volte riprodotte e fors’anche alterate dalla macchina,
intende assumere quella capacità di sublimazione e restituzione alla
rappresentazione il suo centro di gravità e la sua importanza iconologica e iconografica,
spostando l’esperienza concettuale nuovamente nel verso di quella visuale. È
ironico quanto intelligente il suo modo di analizzare e disaminare il processo
di costruzione e decostruzione del linguaggio visivo in rapporto a un’epoca
connotata fondamentalmente dall’inibizione corale e modaiola, laddove tutti
vorrebbero essere diversi ma finalmente uguali.
Parallelamente, RENÉ ODERMATT (1972) fa della materia e dei materiali uno
degli elementi costitutivi del suo lavoro: il legno, con qualche diversione. La
sua abilità artigianale – non fine a se stessa – vanifica i troppi stereotipi à
la mode e/o à la carte, che vediamo sempre più sovente all’interno del mercato
dell’arte. La contemporaneità sta subendo i duri colpi dell’evoluzionismo e la
post-contemporaneità avanza, trascinando con sé una maggiore consapevolezza
della Storia passata.
Odermatt opera proprio
su e con la Storia, pensando in maniera linguistica all’iconologia. Come Amstutz,
anch’egli fa sua la bravura artigianale, da cui il pubblico si aspetta
l’autenticità del gesto, come recupero di una qualità ormai scomparsa: forse è
questo il nuovo senso da dare al concetto di contemporaneità, ossia il ritorno
dell’umano entro le congetture di un universo possibilista, ma tutto
prevalentemente virtuale e virtualmente sociale.
Questi influssi sono
egregiamente descritti da Odermatt, che – grazie all’impostazione della
scultura lignea classica – mette ironicamente in discussione i loghi dell’immagine
stereotipata. Anzi, è proprio la sua bravura tecnica a colpire nel segno,
permettendogli di riprodurre con altri materiali luoghi comuni dal sapore ‘pop’,
smascherandone spesso banalità e autoreferenzialismo.
Mario Casanova, 2016
|
Donato Amstutz (1969) & René Odermatt (1972), Holzschlitten mit Kordel, 2015. |
PHOTOGRAPHIC DOCUMENTATION / DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Ph. Pier Giorgio De Pinto © PRO LITTERIS Zürich.
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Special thanks go to the Nidwaldner Museum Stans.
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